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Il curioso caso di Benjamin Button

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Messaggio  Lucia Lun 23 Mar 2009, 18:06

La recensione

Il curioso caso di Benjamin Button arriva nelle sale nostrane con all'attivo già 13 nomination all'Oscar e una media sull'Internet Movie Database, fonte ormai non trascurabile, dell'8 pieno su oltre 56.000 votanti. Un'onda anomala di consenso critico e di pubblico da disorientare tutti coloro che, avvicinatisi senza pregiudizi all'opera, si scoprano spontaneamente perplessi dal risultato finale di un film ambizioso.
Ispirandosi ad un racconto di Scott Fitzgerald, espanso sulla non indifferente durata di due ore e quaranta minuti, il film segue le vicende di Benjamin Button, che nasce alla fine della I Guerra Mondiale, piccolo come un infante ma anziano e malato come un ottantenne. Respinto con disgusto da suo padre, dopo che sua madre è morta per darlo alla luce, viene adottato da una donna di colore, responsabile di una casa di riposo a New Orleans. Il corpo di Benjamin acquista vigore crescendo, ma per quanto invertito il percorso esistenziale di Button non sarà dissimile da quello di chiunque altro, aggravato da una diversità che lo spingerà per sempre ai margini della società. Unica sua vera consolazione: la grande fiamma della sua vita, Daisy, che riuscirà ad amare solo quando, per corpo ed età, sarà “normalmente” compatibile con lei.
Non è la cornice che lascia perplessi: la Daisy che sul letto di morte spinge sua figlia a leggere il diario del defunto Benjamin può essere considerata strappalacrime, ma rientrerebbe nelle regole del melodramma, genere con una sua storia e legittimità. Il punto è che Fincher, insieme allo sceneggiatore premio Oscar Eric Roth, lo contamina con un elemento fantastico senz'ombra di dubbio esteticamente suggestivo, ma il cui valore metaforico è più una palla al piede che una ragion d'essere. Se la prima mezz'ora del film è singolare, specialmente grazie agli effetti digitali che offrono un Brad Pitt invecchiato in un corpo rattrappito, in seguito, per ragioni probabilmente legate allo stardom e ai limiti tecnici, Benjamin Button diventa nella parte centrale una semplice storia d'amore schematica e ripetitiva con il Pitt canonico e attuale. Sintomatico che in questo momento l' “invecchiamento inverso” rallenti: l'anima sentimentale del film, alla quale si teneva evidentemente molto, mal si concilia con quell'escamotage narrativo, nel contesto inutilmente contorto. “Simple is better” quando si punta alla lacrima: Forrest Gump, che sicuramente verrà in mente all'appassionato di cinema, funzionava in virtù del disarmante candore del protagonista, riflesso nella struttura fortemente emotiva ma diafana di quel film. Benjamin Button discute di temi che riguardano noi tutti con un protagonista che non può assomigliare a nessuno di noi e al quale nessuno vorrebbe assomigliare: se si premesse il pedale dell'assurdo e del grottesco, non sarebbe un problema. Così, con una bella ricostruzione d'epoca, la tecnica diligente, un'onesta interpretazione di Pitt però in corso di sopravvalutazione, Il curioso caso di Benjamin Button preferisce assestarsi solo su un “curioso” approccio a situazioni e personaggi classicamente rassicuranti.

Lucia

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