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Messaggio  Carlo Mer 21 Ott 2009, 19:32

La recensione del film di Ricardo Trogi

Ricardo ha 11 anni. Si è trasferito da poco in una nuova città con il papà italiano, la mamma canadese e la sorellina: il trasloco e la nuova scuola danno a Ricardo la possibilità di reinventarsi socialmente anche grazie alle bugie che sembrano venirgli spontanee e facili. Ma sia a scuola con i nuovi compagni, sia a casa (dove i genitori faticano a pagare un mutuo in crescita), Ricardo imparerà che verità e bugia sono concetti spinosi e che la vita è più complessa di quel che credeva.
Quello di Ricardo Trogi, ambientato nell'anno che gli dà il titolo, è un racconto di formazione che più tradizionale e lineare non si può, nonostante gli sforzi del regista di animare e vivacizzare la narrazione con sporadici intermezzi nei quali l'immaginazione del giovane protagonista si traduce in immagini, freeze frame commentati dalla voce off e altri stratagemmi del genere.

Insomma, l'originalità non è certo il punto forte di 1981, che procede nel suo racconto in maniera scolastica e prevedibile, toccando la maggior parte dei temi chiave di storie di questo tipo: l'inserimento in un nuovo gruppo sociale, la difficoltà e la voglia di essere accettati ed uguali agli altri, le prime cotte per le compagne di scuola, l'evento o lo scontro chiave che porta al rapido salire di un gradino nella lunga scala della crescita che allontana dall'infanzia.

Più raro, ma non rarissimo, che in film di questo genere sia l'elemento economico e di status a giocare un ruolo di primo piano: Ricardo da subito viene presentato come un ragazzino ossessionato dagli oggetti: orologi digitali, biciclette da cross, giacche a vento, walkman e tutto quello che all'inizio degli anni Ottanta stava a simboleggiare l'imminente esplosione del consumismo e dell'edonismo. Tanto che l'oggetto "speciale" da mostrare al resto della classe che Ricardo porta con sé è l'apparecchio per i denti della sorella: perché è molto caro. E l'ossessione per lo status del protagonista lo spinge anche alla vergogna nei confronti del mestiere "umile" del padre, di fronte a compagni provenienti da famiglie ben più benestanti della sua.

A 1981, comunque, questo pizzico di personalità "sociale" in più dona fino ad un certo punto, visto che non si sfugge mai dalla programmaticità dell'esposizione, tantomeno in un finale dove è ovviamente la (ri)conciliazione a farla da padrona. E se al film non si possono certo attribuire difetti gravi ed evidenti, dato anche il basso livello d'ambizione, non è nemmeno possibile non riscontrare un sostanziale e sbiadito anonimato, figlio anche di una scrittura che vorrebbe essere leggera ma che risulta superficiale nell'incapacità di superare il bozzettismo nella caratterizzazione dei personaggi.

Carlo

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