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Viaggio al centro della Terra 3D

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Messaggio  Matteo Lun 23 Mar 2009, 17:50

La recensione

Tra cinema, fiction e videogiochi, l'opera dello scrittore francese Jules Verne è stata interpretata, rivisitata e manipolata in centinaia di modi diversi. Anche grazie al successo devastante, nel lontano 1954, del disneyano Ventimila leghe sotto i mari di Richard Fleisher con Kirk Douglas, l'interpretazione comune dei suoi scritti è nella chiave di un intrattenimento ingenuo. Nel riportare sullo schermo l'immaginario viaggio in un “sotto-globo” terrestre, già visto con James Mason nella versione del 1959 ad opera di Henry Levin, la New Line Cinema e la Walden Media, con la complicità alla produzione esecutiva dello stesso Brendan Fraser qui nella sua incarnazione “Mummia”, hanno ulteriormente abbassato il target dell'operazione: se la vecchia versione era un film per tutti, Viaggio al centro della Terra 3D è tout-court una produzione per teenager, possibilmente non oltre i 13 anni.
Cambiando le carte in tavola per quanto riguarda i personaggi, ma mantenendo le coordinate narrative dell'esplorazione in sé, il neo-regista Eric Brevig, veterano supervisore di effetti visivi, spedisce nel pittoresco core lo scienziato scalcinato Trevor Anderson, suo nipote Sean e la guida islandese Hannah. Cercando una via d'uscita insieme ai loro esploratori, gli autori filtrano Verne con altri immaginari: la corsa sui carelli è una citazione di Indiana Jones e il tempio maledetto, l'attraversamento del ponte di rocce magnetiche invece la rielaborazione di una prova da platform-game. Coerentemente con questo taglio produttivo, il 3D non è usato, come ci spiegava Katzenberg un mese fa, con sottili intenzioni linguistiche e subliminali: la prima scena, in cui Fraser si sciaqua i denti e sputa verso gli spettatori, già suggerisce che la destinazione perfetta di tutto il progetto sarebbe stata più un parco a tema che la sala canonica.
Fosse stato accompagnato da una consapevole vera autoironia come la saga di Spy Kids di Robert Rodriguez, il film sarebbe stato apprezzabile da un pubblico più vasto: così com'è, con la sua semplicistica alternanza di humor spavaldo e lacrime, sembra sospeso in un'epoca lontana forse più del materiale da cui prende spunto, anche a dispetto di una o due sequenze d'impatto.

Matteo

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